Siamo nel mese di maggio, peraltro un mese che per chi opera in borsa è un mese precario perché bisogna
scappare dai mercati, detto questo cerchiamo di capire cosa è successo nell’ultimo mese nei mercati
azionari:
Abbiamo in effetti iniziato il mese di maggio in modo particolare, perché abbiamo visto ieri molta volatilità
sui mercati, questi timori nuovamente sull’inflazione, tra l’altro avremo domani i dati negli Stati Uniti, è
chiaro che maggio è iniziato sotto il segno della volatilità. L’inflazione in qualche modo preoccupa perché
potrebbe portare ad una revisione delle politiche monetarie, anche se ci troviamo in una situazione ancora
eccezionale, sono pochi a credere in strette a breve. Però se lasciamo da parte gli ultimi giorni e guardiamo
il mese di Aprile, è stato un mese positivo nei mercati. Lo vediamo anche nel grafico, Wall Street è salito del
2,7% in euro seguito dall’eurozona che è andata molto bene e nel complesso in mercato azionario ha
guadagnato quasi il 2%. Sono rimasti un po’ indietro i mercati emergenti, ma possiamo dire che
l’andamento da inizio anno è positivo. È interessante anche notare che marzo 2020, con aprile 2021, è
uscito dalle statistiche, cioè da quel mese di forti cali delle borse ora non è più nelle statistiche e se
guardiamo le performance da aprile 2020 ad oggi, vediamo i principali mercati tutti i positivo, con rialzi
anche significativi, gli stati uniti superano il 46%, l’eurozona 44% e anche il nostro indice Morningstar Italy
ha avuto una crescita significativa. quei giorni sono stati catastrofici, li ricordiamo, ma per chi ha deciso di
non vendere le proprie azioni e non vendere e tenere i nervi saldi, forse oggi raccogliere risultati positivi.
-quali sono a tuo parere le principali sfide che attendono l’Italia?
Si, è stato riconfermato il giudizio sull’italia con il trend negativo, sono termini tecnici ma cosa significa in
termini di sfide? La pandemia, continua sicuramente a pesare sulle finanze pubbliche, sulle prospettive di
crescita dell’Italia, lo sguardo va ai prossimi mesi che saranno importanti per la ripartenza, saranno
importanti per attivare il piano di ripresa e resilienza e il requisito fondamentale è che la campagna
vaccinale vada avanti in maniera spedita e che l’italia sappia far fronte a nuove varianti, quindi il sistema
sanitario rimane al centro. Per quanto riguarda il giudizio degli analisti di Morningstar sul governo Draghi, è
positivo, soprattutto in vista delle riforme strutturali necessarie per la ripartenza e anche perché questo
governo ha posto fine ad un periodo di incertezza e si augura di lentezza nell’implementazione politica. Il
debito pubblico rimane l’osservato speciale nel 2020, a causa di tutte le misure eccezionali per contrastare
il Coronavirus, che è salito al livello record 155,8% del PIL dopo che dal 2016 si era stabilizzato intorno al
135%. Dobbiamo ancora aspettarci una crescita, dicono i ricercatori, ma si auspica che diventi sostenibile
nel tempo. Questa cosa di ridurre la vulnerabilità fiscale dell’Italia, rimane un tema chiave per l’Italia e per il
governo.
Rifacendoci alle vostre analisi, dove risulta che gli investitori stanno rivalutando il rischio di investire sul
mercato cinese, cerchiamo di capire quali sono le ragioni di questo riavvicinamento.
L’ultimo dato del prodotto interno lordo cinese, ha sicuramente fatto sgranare gli occhi agli investitori,
secondo le statistiche c’è stato un balzo del 18,3% quindi numeri che non ci sono in nessun’altra parte del
mondo e bisogna dire che questo numero è però da compararsi con lo stesso mese dell’anno scorso, in cui
era scoppiata la pandemia e c’era il lockdown, però conferma che la crescita in Cina è superiore rispetto
alle altre economie mondiali. La Cina è uscita prima dalla crisi, già a dicembre era in territorio positivo
quindi c’è stata un’accelerazione rispetto a quello che vediamo nel resto del mondo. Però interessante
notare, secondo il grafico, l’andamento dell’indice di borsa, il mercato azionario cinese ha sottoperformato
l’indice azionario globale nel primo trimestre di quest’anno, che è comunque un segnale che sta prendendo
fiato o che comunque c’è qualcosa da riconsiderare. Quello che i gestori dicono è di riconsiderare un po’ i
rischi che ci sono, sono nei rapporti commerciali con gli Stati Uniti, che rimangono tesi, abbiamo visto e
sentito di lista nera di società, quindi queste tensioni si sono manifestate anche al livello dei mercati,
all’interno dei suoi confini Pechino è intervenuta, ha bloccato il collocamento di Ant group, lo spin off di
Alibaba, quindi una high tech è stata bloccata, sono state avviate delle indagini dall’antitrust su alcuni dubbi
tecnologici, sono state fatte delle multe, abbiamo una situazione con Hong Kong che rimane tesa, quindi
questi sono i motivi per cui parliamo di riconsiderazione dei rischi sul mercato asiatico. C’è la convinzione
che le opportunità su questo mercato ci siano, ma che vanno ponderate con quelle che sono queste
situazioni di pericolo che potrebbero portare a dei rintracciamenti.
Paesi emergenti: azionario indietro rispetto al mercato globale, come devono comportarsi in questo senso
gli investitori?
Molte aree emergenti sono su un percorso di crescita economica strutturale, che è proseguito nonostante
la pandemia. Nel 2020 i mercati emergenti hanno rappresentato circa il 50% del PIL globale, quindi ci fa
riflettere anche su peso che queste aree iniziano ad avere e viene realizzato in queste aree il 53% dei
profitti aziendali globali ed è dove vive l’84% della popolazione. Sono dati che ho voluto dire perché sono
significati, però sui mercati finanziari gli investitori devono mettere in conto dei rischi che sono elevati, la
volatilità dei mercati, l’ampia dispersione delle performance tra i diversi mercati, infatti non tutti si
comportano nello stesso modo e qui ci ricorda l’importanza di diversificare, quando si parla di questi
mercato, i rischi politici, i problemi di corporate governance, quindi il governo all’interno della società e non
ultimo le liquidità di molti titoli e i costi che molti fondi devono sostenere perché comunque questi mercati
richiedono maggiore ricerca e attenzione e di conseguenza anche un lavoro maggiore e spese maggiori per
questo lavoro. Questo però non significa che bisogna evitare di inserirli in portafoglio, è proprio importante
considerare la diversificazione e non la concentrazione del rischio tutta in un’unica regione o peggio ancora,
in un solo paese.
La pandemia, possiamo dire che ha aumentato la correlazione tra i mercati?
A causa pandemia la maggior parte dei listini azionari ha mostrato un andamento simile nel 2020, quindi c’è
stata correlazione tra i mercati, ha fatto un po’ eccezione il mercato azionario giapponese che è stato tra i
mercati sviluppati quello meno correlato con le altre regioni, mentre tutti gli altri si sono mossi in un
intervallo molto stretto. Questo potrebbe indurre alcuni investitori a chiedersi se la diversificazione interna
nazionale è ancora utile. La nostra analisi dimostra che per periodi di lungo tempo, gli indici azionari non si
muovono tutti nella stessa direzione e questo fornisce dei vantaggi in termini di diversificazione. La
correlazione negli ultimi 20 anni è stata piuttosto stabile, ad esempio l’azionario statunitense ha mostrato
una certa correlazione con i mercati sviluppati ma meno con quelli emergenti, quindi possiamo dire che la
diversificazione funziona, ci possono essere dei periodi in cui funziona di più e periodi in cui funziona un po’
di meno.
Quali sono a questo punto, secondo le vostre ricerche, le preferenze degli investitori? E sempre parlando di
fondi europei, Morningstar ha rilevato che oltre la metà dei flussi verso i fondi europei nel primo trimestre
è andato in strumenti sostenibili, quindi aggiungiamo qualche dato in più.
Sembra che gli investitori si stiano allineando verso quella che è la situazione del ciclo economico e quindi
una ripresa del ciclo economico, una crescita e anche un’inflazione che accelera, lo vediamo in questi giorni
nei mercati. E in questo periodo generalmente cosa succede? I rendimenti obbligazionari tendono ad
aumentare e ugualmente i titoli azionari orientati al valore in settori ciclici, restano i favoriti. E quindi non
stupisce, dal punto di vista dei fondi, una bassa raccolta dei fondi obbligazionari in questo periodo che
comunque ha seguito le perdite segnate da diverse asset class di reddito fisso proprio nel primo trimestre.
Il crescente ottimismo degli investitori si è visto nell’afflusso dei comparti azionari, che sono stati
sicuramente i protagonisti negli ultimi mesi e in particolare lo sono stati proprio i settori ciclici e le categorie
orientate al valore. Oltre la metà dei flussi verso i fondi europei è andata nei fondi sostenibili, quindi si
consolida un trend che abbiamo già visto di spostamento di strategie più tradizionali verso strategie più
sostenibili, che comunque è molto evidente in tutta Europa. Per la seconda volta nell’ultimo anno i fondi
sostenibili sono stati più popolari tra gli investitori europei rispetto a quelli tradizionali e la prima volta era
stato proprio nel periodo gennaio-marzo 2020, quindi pieno periodo di Covid. Questo significa che questo
trend verso la sostenibilità sta diventando strutturale nell’industria e non è una questione di alcuni mesi si e
altri no.
Avete una mappatura dei fondi sostenibili in base a questo regolamento? (FSDR)
In base ai dati Morningstar sarà fine aprile, che coprono circa il 52% dell’intero universo Europeo, il 20,9%
dei fondi europeo è stato classificato dai gestori come articolo 8, il che significa sostanzialmente che quei
fondi li promuovono caratteristiche ambientali o sociali. Il 2,7% rientra sotto il più impegnativo articolo 9,
ciò significa che ha un obiettivo di investimento sostenibile. Lo ricordiamo, questa è una classificazione
richiesta dalla regolamentazione europea dei fondi, che specificare se includono caratteristiche isg e quale
grado. L’evoluzione normativa ci porterà nei prossimi mesi ci porterà a dire in modo più dettagliato se
l’articolo 8 e articolo 9 si sostanziano, per il momento dobbiamo accontentarci di questo tipo di
classificazione.
Come stanno cambiando le preferenze degli investitori in etf, così andiamo nel dettaglio per vedere qual è
l’approccio e poi proprio perché il mondo degli investimenti alternativi è cambiato negli ultimi anni, quali
suggerimenti possono essere dati agli investitori da questo punto di vista?
Wall street è un caso interessante da seguire, in particolare in questo momento noi ci concentriamo su gli
eft e comunque un segmento che sempre piace agli investitori, ma quello che abbiamo visto è che alcuni
etf specializzati sull’indice S&P500, quindi etf tradizionali e di grandi dimensioni hanno registrato dei
deflussi e questo in qualche modo ha coinciso con degli afflussi verso etf che replicano indici sostenibili,
quindi sulla borsa americana stiamo vedendo che gli investitori continuano a rimanere ma spostandosi
verso etf che replicano degli indici isg. Per quanto riguarda gli investimenti alternativi, e quindi anche ci dà
in senso di come cambia l’industria degli investimenti, queste strategie sono più simili a quelle che attuano
gli hedge fund che cercano di espandere, diversificare o eliminare fattori di rischio dominanti contenuti
negli indici dominanti. Quello che abbiamo visto è che queste strategie oggi possono essere meglio
classificate, perché si è allargata l’offerta e si sono delineate delle tendenze, la prima è che questo universo
è in continua evoluzione e molto dinamico, la seconda è che la distinzione tra innovativo e non innovativo è
sempre più sfumata e questo ci deve far riflette perché è già accaduto tra strategie attive e passive che il
confine si è sfumato e la terza è quella della globalizzazione dell’offerta e quindi di famiglie di fondi con
strategie simili impacchettate in modo diverso nei diversi domicili. È un universo complesso su cui non è
facile orientarsi, in cui bisogna farsi aiutare nell’approcciarlo. Da poco è stato pubblicato il vostro atlante della
sostenibilità, al livello geografico è interessante capire come si colloca l’Europa e l’Italia in particolare
L’ultima edizione del nostro atlante della sostenibilità ha coperto 48 indici azionari, in 48 paesi e in
particolare quelli europei del Nord, guidano la classifica dei mercati azionari più sostenibili. Interessante
che i paesi del Nord sono stati sempre un passo avanti rispetto al resto del mondo, l’Europa è un passo
avanti, i Paesi bassi conquistano il titolo di mercato azionario più sostenibile al mondo. L’Italia si piazza in
12 posizione, solo 13 società su 81 che compongono il Morningstar index presentano un alto isg rischio e
questo è un dato positivo perché la maggior parte ha un rischio che è moderato o basso e si tratta di nomi
che hanno un peso piuttosto basso nell’indice. Dall’altro canto, ci sono nomi importanti , come il titolo
Intesa san paolo e assicurazioni generali, che presentano un rischio isg basso e quindi questo pesa
positivamente nell’indice e nella valutazione. L’italia invece va peggio nella classificazione sul carbon
rischio, ovvero la classifica sulle emissioni inquinanti dove qui siamo al 30esimo posto su 42 paesi quindi sul
lato del rischio carbon che c’è nelle imprese, dobbiamo ancora lavorare.
Suggerimenti per un fondo green?
L’offerta è ampia ma vi sono molti approcci, ci sono alcuni fondi focalizzati sulla decarbonizzazione del
portafoglio e se io voglio avere meno rischio carbon nel portafoglio andrò su quelli, altri fondi invece più
focalizzati sulle soluzioni green, fondi obbligazionari e sono ormai famosi quelli sui green bond, quindi
obbligazioni emesse per finanziare la transizione green e ci sono fondi focalizzati su energie pulite che
investono in aziende che contribuiscono alla transizione verso energie rinnovabili e questi sono fondi più
specializzati. Quello che è importante per l’investitore è sapere che nell’ambito green ci sono tante
strategie e deve scegliere quella che meglio si adatta al suo obiettivo, che può essere ridurre il rischio
carbon e quindi diciamo di inquinamento del mio portafoglio, oppure cavalcare l’onda delle nuove
tecnologie per una transizione energetica.