Coronavirus: i mercati hanno paura, la parola chiave è volatilità. Le stime degli analisti di Morningstar dell’impatto della pandemia sul Pil e i possibili scenari
Coronavirus e mercati, mercati e Coronavirus: volenti o nolenti non si parla d’altro. E si comincia anche a fare la conta. Ovviamente quella dei numeri che rappresenteranno la nostra economia e gli effetti che “avvertiremo” sulla crescita di Casa nostra.
I ricercatori di Morningstar prevedono un impatto sul Pil globale nel 2020 dell’1,5% e sul lungo termine dello 0,2%, assumendo un numero di vittime pari allo 0,1% della popolazione mondiale. Secondo le loro analisi, sul lungo termine sarà contenuto perché i danni alla capacità produttiva dovrebbero essere limitati, e una volta usciti dall’emergenza la fiducia dovrebbe tornare rapidamente tra gli operatori economici. Una recessione tecnica (ossia due trimestri consecutivi di crescita negativa) non è da escludere.
Se sarà però limitata a uno shock temporaneo della domanda, come nelle assunzioni di base di DBRS Morningstar (uno o due trimestri), non dovrebbe avere implicazioni durature sull’economia e quindi sul rating del Paese, senza dimenticare che l’Italia ha avuto la crescita del Prodotto Interno Lordo più bassa d’Europa nel 2019, alla quale si aggiungono i contraccolpi del Covid-19 sulle attività produttive. Con l’aumento del numero di casi, le autorità italiane si sono trovate a dover affrontare il difficile compito di ridurre i contagi con forti misure restrittive, ma anche sostenere la congiuntura.
A preoccupare è il fatto che le regioni più colpite dal virus siano la Lombardia e il Veneto, che contano per oltre il 30% del valore aggiunto lordo, per più del 40% delle esportazioni e per il 28% dell’occupazione totale. I mercati azionari sono negativi dall’inizio dell’anno: l’indice Morningstar ha perso oltre il 17% al 9 marzo, dopo il +26% del 2019. Il Morningstar Italy ha perso quasi il 22% (+25% nel 2019), facendo peggio del resto d’Europa. Il tema centrale sui mercati, dunque è il ritorno della volatilità.
In questo scenario ci si chiede se le Banche centrali possano avere un ruolo nel mitigare gli effetti negativi: per questo molta attenzione verrà rivolta alle politiche fiscali. A livello europeo è probabile uno sforzo coordinato, in particolare dopo il summit previsto per la fine di marzo, che potrebbe portare un piccolo ma congiunto stimolo fiscale. Risulta chiaro che in situazioni di stress di mercato la tentazione di liquidare tutto è forte. Tra gli interrogativi più frequenti anche quello sulla liquidità: potrebbe rappresentare un buon rifugio? Vendere i titoli dopo un forte ribasso significa registrare una perdita netta, con il rischio di non indovinare neppure il momento di rientro e quindi comprare quando i mercati sono già saliti molto.
La liquidità non è uno strumento di investimento per gli investitori di lungo periodo; i rendimenti (gli interessi) spesso non sono sufficienti neppure a coprire l’inflazione, ossia il costo della vita. Per questo si dice che la liquidità non è uno strumento di lungo periodo.